25 Marzo 2022

Responsabile
Flavio Sciuccati
Il “paradosso di Achille e la tartaruga” per le supply chain del fashion

Le supply chain del settore Fashion sono sempre alla ricerca di prestazioni più elevate, all’inseguimento di obiettivi sempre più ambiziosi e complessi che si spostano in avanti di volta in volta, senza mai riuscire veramente a raggiungerli con piena soddisfazione. Osservare questo fenomeno anche oggi, in tempi estremamente complessi e imprevedibili, mi ricorda il famoso paradosso di “Achille e la Tartaruga” del filosofo Zenone di Elea (nel V sec. a.C.), che descrive “il movimento come se fosse un'illusione”.

Fuor di metafora, queste supply chain, che pure si danno tanto da fare, appaiono sempre troppo ferme, troppo lente… Sempre in ritardo.

Trovatemi un’azienda, grande o piccola che sia, che in questo momento storico non stia facendo riunioni (spesso anche piuttosto animate) tra le funzioni Sales, Merchandising, Operations e Supply Chain per discutere di ritardi di consegna, di rotture di stock, di livelli di stock comunque elevati ma nei posti sbagliati, di carenza di capacità produttiva (interna e/o esterna), di lunghissimi lead time di approvvigionamento, e molto altro ancora.

Sembra incredibile (dopo due anni in cui si è parlato molto di resilienza, agilità, reattività, ecc.) ma purtroppo la situazione è ancora questa.

Tenendo conto di tutti gli shock causati dalla pandemia, che hanno minato alla base molti dei presupposti delle scelte legate alle Supply Chain globale, ci sono a mio avviso alcuni fattori che vengono spesso trascurati e su cui non si agisce in modo incisivo e determinante nelle aziende:

La carenza di pianificazione delle proprie risorse e delle supply chain (tutte) di cui ci si avvale: vedere che oggi molte aziende di primo livello e rango sono alla ricerca disperata di capacità produttiva, a fronte di una domanda in aumento sui mercati internazionali e di un riallineamento dei livelli di stock a livello di magazzini centrali e distribuzione dopo la grande frenata di questi anni recenti, significa non aver lavorato in anticipo e a fondo su questi processi.

La cultura del “Make to Order” e la possibilità di poter lavorare su Time to Market molto lunghi (di fatto, una stagione intera da campagna vendita a consegne pre-season o in-season) hanno sostanzialmente radicato e stratificato dei principi più orientati all’efficienza (saturazione, lotto minimo, volumi, ripetitività, ecc.) che all’efficacia. I lead time produttivi non sono mai stati veramente messi in discussione e "passati ai raggi X" secondo le più consolidate e innovative prassi del Lean Manufacturing. Altri settori lo hanno fatto e oggi queste metodologie e competenze sono date per acquisite e soggette a un miglioramento continuo.

I processi troppo sequenziali e poco integrati ed agili: è evidente come la ripresa della domanda dei mercati e soprattutto dei canali Retail (sia fisici che digitali) stia generando un’onda d’urto (il cosiddetto “Effetto Bullwhip”) che progressivamente risale a monte della catena del valore delle aziende, con anche forti fluttuazioni, e sollecita quindi i tre processi industriali principali: Sviluppo Prodotto & Industrializzazione, a fronte dell’esigenza di sempre maggiori novità stimolanti; Produzione; Approvvigionamenti. Sono processi e funzioni ancora troppo sequenziali e lenti; è fondamentale, invece, che si addestrino a lavorare in modo maggiormente integrato e più “tirati” dalla domanda (non dai loro vincoli gestionali e tecnici).

La carenza di investimenti e strumenti gestionali a supporto: la scarsità, nel settore, di strumenti innovativi di Supply Chain Intelligence e di Supply Chain Collaboration (soluzioni che altri settori hanno adottato spesso con risultati eccellenti), rende più problematica la collaborazione tra i diversi soggetti delle supply chain, in un settore che ha proprio nell’esternalizzazione e nell’utilizzo della rete uno dei suoi cardini del fare Impresa. Questo non consente di  migliorare l'agilità, di ridurre e compensare gli effetti della frusta del mercato sopra indicati e di orchestrare le proprie catene di approvvigionamento in modo più efficace.

Si auspica, quindi, che con una certa urgenza le imprese del settore (le più grandi fungendo, come sanno fare, da veri e propri “fari” di guida e spinta innovativa e le PMI, disseminate lungo le molte supply chain, lavorando sulla propria dimensione e livelli di competenze) sappiano reagire a queste criticità, superandole di slancio per poter tornare ai livelli di competitività, investimento e redditività che le hanno contraddistinte e premiate negli anni immediatamente prima della pandemia.


Commento a cura di Flavio Sciuccati, Senior Partner di The European House - Ambrosetti e Direttore della Global Fashion Unit