14 Settembre 2022

Osservatorio PNRR: a un anno dal varo

Nel corso del 48° Forum annuale di The European House – Ambrosetti è stato presentato l’esito del percorso di studio e monitoraggio dei temi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che ha portato a valutare l’impatto strutturale che essi potrebbero attivare nel lungo periodo sul PIL.

L’Italia ha rispettato l’impegno a conseguire tutti i 45 traguardi e obiettivi del PNRR per il primo semestre 2022 e inviato alla Commissione Europea la richiesta relativa al pagamento della seconda rata, pari a 24,1 miliardi di euro. Complessivamente, si trattava di 44 traguardi (qualitativi) e 1 obiettivo (quantitativo) che riguardano un’ampia varietà di temi, spaziando dalle trasformazioni green e digital alle riforme del Codice degli Appalti, della Pubblica Amministrazione e della carriera degli insegnati. Si sottolinea tuttavia che molti di questi risultati raggiunti sono in realtà precondizioni: si tratta, per la maggior parte, di istruttorie, pubblicazioni di bandi, avvio ai lavori, presentazioni di relazioni e piani organizzativi. Entro la fine dell’anno dovranno essere raggiunte 55 ulteriori condizioni (di cui 23 inerenti a riforme e 32 inerenti a investimenti). 

L’Osservatorio PNRR ha stimato che gli investimenti con impatto strutturale sul totale dei 191,5 miliardi di euro sono pari a 66,6 miliardi di euro (il 34,4% del totale). Complessivamente, gli impatti potranno ammontare all’1,9% del PIL (tra 1,3% e 2,6%) al 2026 (rispetto allo scenario base senza PNRR).

In particolare, sono state analizzate 5 dimensioni che hanno inciso sulla scarsa crescita del Paese e a cui il PNRR pone, potenzialmente, rimedio: bassa propensione agli investimenti delle imprese (impatto stimato di circa 1% di PIL), criticità logistiche e infrastrutturali (0,1%), occupazione femminile (0,6%), mercato del lavoro (0,1%) e scarsa digitalizzazione della Pubblica Amministrazione (0,2%).

L’impatto strutturale del PNRR potrà quindi abilitare un aumento duraturo del tasso di crescita medio del PIL: assumendo che questo effetto vada a ridursi in un decennio, al 2036 il differenziale di PIL sarebbe di 221 miliardi di euro.


La transizione verde nel PNRR

Il PNRR stanzia 71,1 miliardi di euro (37,5% delle risorse totali) alla transizione green, superando così il requisito minimo della Commissione Europea del 37% delle risorse del Next Generation EU. Delle 281 misure incluse nel PNRR, la Commissione Europea ne ha classificate 108 come misure verdi: 51% di queste hanno un coefficiente di valutazione sulla transizione green del 100% (55 misure), le restanti sono state valutate al 40% (53 misure). Per analizzare il contributo del PNRR alla crescita green sono stati considerati diversi macrotemi: mobilità, efficientamento energetico, energia da fonti rinnovabili e riduzione di emissioni CO2 complessive.

L’intera missione 2 del Piano, “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, ha l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2: abbiamo stimato una riduzione fino a 19,2 milioni di tonnellate nel 2026, ossia circa il 5% di quelle registrate in Italia nel 2019. L’Italia è nella giusta direzione per ridurre le emissioni di CO2 rispetto alle vecchie previsioni del PNIEC; tuttavia, alla luce della revisione introdotta dal “Fit for 55”, l’apporto del PNRR non sarà sufficiente per raggiungere l’obiettivo fissato per il 2030.


La transizione digitale nel PNRR

Il PNRR stanzia inoltre 48,1 miliardi di euro (25,1% delle risorse totali) per la transizione digitale, superando così il requisito minimo della Commissione Europea del 20% delle risorse del Next Generation EU. La maggioranza della spesa per la digitalizzazione (circa il 68%) è gestita dal settore pubblico, in particolare per la diretta digitalizzazione della gestione e della fornitura di servizi pubblici e per le infrastrutture pubbliche; la quota di spesa gestita dal settore privato, limitata alle misure per la “Digitalizzazione delle imprese” e parte degli investimenti in “Ricerca e Sviluppo”, è perciò meno di 1/3 del totale (32%).

Delle 281 misure incluse nel PNRR, la Commissione ne ha classificate 93 come “digitali”: l’86% di queste hanno un coefficiente di valutazione sulla transizione digitale del 100%, le restanti sono state valutate al 40%. Secondo le nostre stime, circa il 53% di queste risorse contribuiscono direttamente al raggiungimento dei target del "Digital Compass" della Commissione Europea al 2030, che si sviluppa intorno a quattro punti cardinali: trasformazione digitale delle imprese; digitalizzazione dei servizi pubblici; competenze digitali di base; infrastrutture digitali, sicure e sostenibili.


Le riforme sono la vera chiave di successo del PNRR

A conclusione dell’analisi si osserva che, per quanto la componente di investimenti sia senza precedenti, i risultati attesi non sono sufficienti per raggiungere pienamente l’obiettivo della decarbonizzazione e, in misura minore, della digitalizzazione.

Difatti, la vera chiave del PNRR è nella componente legata alle riforme. Le riforme (sia quelle di carattere strategico, come quelle legate allo snellimento della burocrazia, sia quelle settoriali come la semplificazione della normativa sul fotovoltaico) potranno risolvere molte delle criticità che hanno storicamente frenato gli investimenti in Italia, abilitando e facilitando l’intervento privato, i cui investimenti sono indispensabili per raggiungere gli obiettivi green e digital posti dalla Commissione Europea.

Il PNRR non deve essere visto come la soluzione definitiva ad ogni criticità del Paese: per quanto sia un intervento significativo lascia scoperte alcune aree (come, ad esempio, la formazione, l’upskilling e il reskilling nei settori strategici). È quindi necessario ampliare lo spettro d’intervento, al di là del PNRR, su alcuni temi di natura strategica. 


Trarre spunto dal modello spagnolo?

In questa direzione, può essere interessante mutuare un’idea prevista nel Piano Nazionale spagnolo, ovvero i progetti PERTE (Proyectos estratégicos para la recuperación y transformación económica). I progetti PERTE sono progetti di natura strategica con un grande volano per la crescita economica, l’occupazione e la competitività dell’economia spagnola. Data la loro importanza, necessitano di un’elevata componente di collaborazione pubblico-privato e trasversale alle diverse amministrazioni. I progetti prevedono l’istituzione di una governance specifica per ogni progetto, strutturata e permanente, tale da consentire ai diversi attori di partecipare al processo decisionale, coinvolgendo sia attori pubblici (Ministeri e Comunità territoriali) e attori privati (imprese, associazioni di categoria e sindacati). Si tratta di una forma operativa che può essere mutuata anche nel nostro Paese – non necessariamente nell’ambito del PNRR, per il quale sono state previste altre formulazioni, ma per tutti gli altri ambiti lasciati scoperti.


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Consulta la presentazione a cura di Valerio De Molli