19 Gennaio 2021

Responsabile
Marco Visani
Maggiori trasparenza sui compensi: le società italiane sono pronte?

La recente modifica del Regolamento emittenti di Consob (11 dicembre 2020) ha rafforzato in modo significativo, già a partire dalla prossima stagione assembleare (primavera 2021), i requisiti di trasparenza sulle politiche di remunerazione e sui compensi corrisposti delle società quotate italiane.


Tali cambiamenti hanno maggiori impatti sulla sezione 2 della relazione sulla remunerazione, quella in cui vengono illustrati i compensi corrisposti al Vertice aziendale. In particolare, viene chiesto alle aziende di essere più trasparenti sui risultati raggiunti rispetto agli obiettivi prefissati e di rappresentare, su un orizzonte temporale di 5 anni, il confronto tra l’andamento dei compensi corrisposti al management, delle performance aziendali e della remunerazione media dei dipendenti.


In sintesi, si richiede alle imprese di fornire maggiori informazioni utili per capire se il principio del Pay For Performance, tanto caro agli investitori istituzionali, sia in effetti rispettato.


D’altra parte ciò non deve stupire, in quanto nonostante la crescente pressione del mercato, sono ancora numerose le Società quotate italiane che non hanno sposato questa “regola”: dalle analisi condotte dall’Osservatorio sulla Corporate Governance di The European House – Ambrosetti, emerge che per circa il 30% degli Emittenti del nostro Paese si riscontra una apparente incoerenza tra l’andamento delle performance aziendali e i trend dei bonus corrisposti al Vertice aziendale.


Le società quotate italiane sono pronte per i rilevanti cambiamenti introdotti da Consob? Analizzando i voti assembleari della primavera 2020 sulla seconda sezione della relazione sulla remunerazione su un campione delle maggiori 140 società italiane per capitalizzazione, gli esiti sono “plebiscitari”: voti a favore, in media, per oltre l’85% del capitale per le società del FTSE MIB e oltre il 90% per le aziende a medio/piccola capitalizzazione. Ma se si considerasse solo il voto delle minoranze rappresentate degli investitori istituzionali (escludendo quindi l’azionista di riferimento delle società) la relazione sarebbe stata bocciata in 35 casi su 140 (circa il 25% del campione considerato).


A ciò si aggiunge che le prossime relazioni sulla remunerazione saranno fortemente impattate dall’effetto Covid: il mercato starà molto attento ai contenuti della sezione 2 per valutare se i compensi sono stati erogati a fronte di performance soddisfacenti. Molti investitori si aspettano pagamenti una tantum e deroghe rispetto alla politica di remunerazione: è fondamentale che le società comunichino in modo chiaro le riflessioni che hanno portato a tali decisioni.


Il 2021 sarà l’anno dei Comitati per le Remunerazioni che si troveranno a dover gestire situazioni complicate come ad esempio: i) gestire il trade off tra il pagamento a fronte di risultati e il mantenimento della motivazione della popolazione aziendale; ii) fidelizzare le risorse pregiate; iii) impostare un nuovo sistema di lungo termine in un periodo di estrema incertezza; iv) integrare il “successo sostenibile” nelle politiche di remunerazione; v) comunicare in modo efficace.


Tutte valutazioni che richiedono una notevole attenzione da parte del CdA e delle strutture aziendali. Con un unico imperativo: essere trasparenti, ma riflettendo in merito al livello di disclosure più utile per la società.