05 Aprile 2022

PNRR: uno strumento di crescita per l’Italia, ma alcuni fattori rischiano di intaccare la sua efficacia

A un anno dal lancio del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il 2 aprile 2022 Ambrosetti Club ha presentato l’anteprima dello studioOsservatorio PNRR: a un anno dal varo” al pubblico del 33° Workshop sull’Economia e la Finanza. L’Advisory Board che lo sta sviluppando è stato rappresentato da Carlo Cottarelli, Direttore dell’Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Nell’indagine svolta all’interno della Community di Ambrosetti Club emerge come il PNRR venga considerato uno strumento di potenziale crescita del Paese, ma debba scontrarsi con difficoltà relative alle lunghe tempistiche degli investimenti pubblici, a una governance non sempre efficace, e all’inefficienza nella pubblicazione e attuazione di bandi e gare

L’analisi delle criticità della governance del Piano ha riscontrato alcuni elementi da tenere in considerazione. Prima di tutto sono presenti, almeno formalmente, 7 organi di controllo rispetto all’attuazione delle diverse fasi del PNRR. Questo determina, da un lato un aumento della burocrazia e dei tempi di risposta, dall’altro, di necessità, un accentramento delle reali responsabilità in mano agli organi superiori. In secondo luogo, appare carente e poco strutturato il monitoraggio degli investimenti soprattutto di lungo periodo. C’è inoltre un certo scetticismo, all’interno della business community, relativamente alle capacità di gestione del PNRR da parte di alcuni enti della Pubblica Amministrazione – un terzo dei fondi (66,5 mld di euro) è destinato agli Enti locali, in primis i Comuni. 

Dal punto di vista delle opportunità di sviluppo che il PNRR offre, questo viene considerato come uno strumento per affrontare lo storico problema della mancata crescita della produttività: al contrario degli altri Paesi europei, infatti, il livello della produttività dell’Italia non è cresciuto tra il 2000 e il 2020.


«Il PNRR è un Piano destinato ad aumentare la dotazione di capitale del lavoratore medio italiano attraverso investimenti, spesa e riforme, e quindi aumentare la produttività del Paese.»


Per raggiungere questo obiettivo, il PNRR incentiva la crescita del capitale in tutte le sue accezioni:

  • Capitale pubblico: finanziamenti per investimenti pubblici e riforme del settore pubblico, per rendere «spendibili» i finanziamenti
  • Capitale privato: creare le condizioni per stimolare l’investimento privato in Italia (semplificazione burocratica, giustizia civile e penale, regolazione della concorrenza, incentivi per la transizione 4.0), e agevolare la riforma fiscale, parallelamente al PNRR
  • Capitale umano: pubblica istruzione (a partire dagli asili nido), formazione, ricerca


I numeri del PNRR

Il Piano dovrebbe dare accesso a 235 miliardi di euro, di cui:

  • 191,5 miliardi di euro dal programma Recovery and Resilience Facility (RRF) della Commissione Europea (costituito per 68,9 miliardi da sovvenzioni e per 134 da prestiti)
  • 13 miliardi di euro dal programma europeo Recovery Assistance for Cohesion and the Territories of Europe (REACT-EU), che è un'integrazione delle dotazioni del Fondo europeo di sviluppo regionale e del Fondo sociale europeo
  • 30,6 miliardi di euro dal Fondo Complementare, stanziato dal Governo italiano e finanziato dai mercati finanziari.

Le risorse vengono erogate dalla Commissione Europea al raggiungimento di determinate condizioni, per un totale di 527 da oggi al 2026, data di completamento del programma. Si suddividono in 213 traguardi qualitativi (milestone) e 314 obiettivi quantitativi (target). 


L’Advisory Board di Ambrosetti Club ha inoltre realizzato un’analisi degli impatti sulla crescita, che si è concentrata sugli investimenti con impatti di medio periodo. Tale analisi si è focalizzata sugli impatti, derivanti dalla crescita, della capacità del sistema produttivo di generare valore, non considerando quindi gli impatti di domanda derivanti dalle mere iniezioni di liquidità.

L’analisi ha previsto l’identificazione delle voci di investimento capaci di avere un impatto strutturale sulla crescita del PIL – un importo compreso fra il 33% e il 50% dei fondi RRF – per un controvalore compreso fra 66 e 90 miliardi di euro. Tali investimenti potranno abilitare un aumento strutturale della crescita del PIL, quantificabile tra l’1,3% e il 2,6%. Assumendo che questo effetto vada a ridursi in un decennio, al 2036 il differenziale di PIL sarebbe di +221 miliardi di euro.


Ad esempio, l’investimento di 4,60 miliardi di euro per la creazione di nuovi posti negli asili nido – fino al +73% rispetto alla dotazione attuale – potrà influenzare positivamente l’accesso al mercato del lavoro nella popolazione femminile, incentivando una trasformazione strutturale del tessuto economico.


Cottarelli ha concluso la sua presentazione a Cernobbio ricordando che è indispensabile monitorare i numerosi fattori di rischio che sono stati segnalati dalla Community e che compromettono la piena realizzazione del PNRR:

  • Forte focus sulla realizzazione di traguardi e obiettivi e mancanza di una visione d’insieme dell’Italia del futuro e di una politica industriale
  • Tempistiche dei progetti molto (troppo?) sfidanti
  • Mancanza di competenze adeguate da parte degli enti locali
  • Governance inefficace che non riesca a scaricare materialmente a terra gli investimenti
  • Rincaro persistente della bolletta energetica che va ad impattare negativamente sugli investimenti. Confindustria stima un extracosto di 37 miliardi nel 2022 (da 8 nel 2019): già solo questo vale circa il 20% degli investimenti PNRR nel totale, l’80% se si considera l’ammontare del 2022
  • Elezioni politiche nel 2023: gli elettori italiani sosterranno il PNRR?


Il lavoro di ricerca continuerà nei prossimi mesi e i risultati finali verranno presentati al 48° Forum “Lo Scenario di oggi e di domani per le strategie competitive”, che si terrà a Cernobbio tra il 2 e il 4 settembre 2022.


Sfoglia l'anteprima dello studio "Osservatorio PNRR: a un anno dal varo"